Cacopardo Domenico - 2011 - Agrò e la scomparsa di Omber by Cacopardo Domenico

Cacopardo Domenico - 2011 - Agrò e la scomparsa di Omber by Cacopardo Domenico

autore:Cacopardo Domenico
La lingua: ita
Format: mobi, epub
editore: Marsilio
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


sabato 16 e domenica 17 marzo

28.

Il mal tempo aveva concesso ai romani una tregua: la luce intensa come nelle giornate estive filtrava dalle persiane dell’appartamento di Roberta.

«Allora? Andiamo a correre?» Era la voce di lei che lo conduceva fuori dal dormiveglia. «Quando vieni a dormire, devi sempre ricordarti di prendere la tenuta da jogging. Anzi devi lasciare una tenuta da jogging a casa mia. Te la curerò io. Così potremo partire da qui: tagliando corso Vittorio Emanuele, percorreremo via Arenula e da Trastevere saliremo sul Gianicolo. L’ho fatto varie volte.»

«Con il tipo del ministero?» Mentre poneva la domanda, Italo se ne pentì.

Invece di inviperirsi, lei gli lanciò uno sguardo dolce: «La gelosia è manifestazione amorosa. È così. E, quando assume carattere maniacale, testimonia un amore totale che non ammette nemmeno l’ombra del sospetto.»

Sorpreso, Italo si alzò, preparandosi rapidamente. Come usavano fare entrambi, rinviarono la colazione a dopo la corsa.

Passarono da via della Vetrina dove lui si cambiò. Non si diressero verso il Lungotevere, ma presero per le vie interne, raggiungendo ponte Mazzini. L’attraversarono, superarono Regina Coeli e furono in via Garibaldi: qui iniziarono la salita verso il Gianicolo.

Imboccata via di Porta San Pancrazio, qualcuno chiamò il giudice: «Dottore, buon giorno!»

Era Aurelio Coronato, il tenente dei Carabinieri che, dopo avere diretto una delle perquisizioni, l’aveva seguito a Malta. Si affiancò alla coppia, immaginò che Roberta fosse la moglie del magistrato: «Tenente Aurelio Coronato, buongiorno signora. Bella giornata, non è vero? Proprio una giornata buona per correre.»

Mentre l’ufficiale parlava, Roberta, con evidente fastidio, aveva accelerato, distaccando entrambi.

Anche Italo accelerò: era chiaro che preferivano proseguire da soli.

Anche l’ufficiale lo capì.

Scesero verso l’ospedale del Bambin Gesù e, tornati a livello Lungotevere, girarono verso il Vaticano.

«Faccio spesso un giro in piazza San Pietro. La pavimentazione è molto dura, ma mi piace correre intorno alle sue fontane.»

«Non ci avevo mai pensato. Roberta! Ne sai una più del diavolo.»

«E ancora non hai visto niente.»

Rientrarono in via della Vetrina. Dovevano lavarsi e vestirsi: ma furono presi dal desiderio. Così, accaldati e sudati, si infilarono nel letto e in pochi attimi lo scaldarono.

Non un amore come i precedenti, ma un amore lento e delicato, spesso interrotto da pause dedicate a tenere effusioni.

Italo la condusse alla jouissance più volte, prima di essere in lei.

Verso le undici, lui volle preparare un caffè. Aveva una scatola di biscotti messinesi, ’nzuddi e piparelle, con i quali accompagnare la bevanda bollente.

Invece di andare finalmente sotto la doccia, dopo lo spuntino, tornarono a letto. Si addormentarono.

Quasi alle due squillò il telefono, svegliandoli.

All’apparecchio, Ettore Agrò.

Parlarono brevemente.

Italo gli disse che, per il momento, non poteva dirgli quando sarebbe andato a trovarlo e che non gli era stato ancora possibile raggiungere i fratelli Antonini in via Lago di Lesina per comprargli il soldatino del terzo reggimento ulani dell’esercito di Murat con divisa ed equipaggiamento del milleottocentododici: «Vedi come mi ricordo bene? Stai tranquillo, ci andrò. Ma, per ora, sono sott’acqua.»

Ettore si offese: «Mi prendi per il culo, fratellino. A rivederci! Quando avrai tempo, telefonami tu.» E chiuse la comunicazione.



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